Beyond The Words

The man with the child in his eyes, .... :)

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Ciribiricoccola
CAT_IMG Posted on 6/5/2011, 22:39




Dopo un bel pò di tempo, sarebbe ingiusto presentarmi a mani vuote :)
Miei cari, grazie per aver recensito il mio ultimo lavoretto, siete stati molto carini :)

Stasera nello spazio dedicato alla descrizione ho lasciato solo uno smile senza alcuna spiegazione/rivelazione, lascio ancora una volta che siate voi a scoprire chi è chi e chi fa cosa! Spero che questa sorta di "caccia la tesoro" narrativa non vi annoi o infastidisca!

Per la seconda volta, ho scritto questa storia nel giro di molto poco tempo, quasi di getto; spero che il risultato non sia disastroso, questo dovete dirmelo voi!
E' stata una canzone di Kate Bush a ispirarmi, un brano intitolato "The man with the child in his eyes" (questo è il link, se vi interessa, non fate caso alle mosse danzerecce dalla Bush!! www.youtube.com/user/Symphonyofflowers#p/u/32/IfjPivYmV7Y), e presto capirete perché ho deciso che questa storia doveva essere la sua omonima :)

Buona lettura e grazie :)

Ciry

THE MAN WITH THE CHILD IN HIS EYES



Nobody knows about my man
They think he's lost on some horizon




È entrata sicura nella boutique, sa quello che vuole, la commessa non esita ad assecondarla.
L’abito cade semplice e liscio lungo i fianchi, la fascia fino a metà coscia per poi spandersi, come la coda di una sirena.
È seta pura, più bianca della neve fresca; il bustino la avvolge senza comprimerla e il coprispalle in pizzo dà quel tocco vintage in più che desiderava.
È raggiante, ha trovato il suo vestito da sposa da sola, senza dover ricorrere all’aiuto di nessuno.
Con il telefonino aveva mandato una foto dell’abito in vetrina a sua madre, lontana chilometri e chilometri, e le aveva promesso che avrebbe effettuato un altro scatto al momento della prova.
Suo padre ancora non aveva visto niente, voleva farlo sospirare fino al grande giorno.
Molte sue amiche si erano proposte di accompagnarla per curiosità, per dare una mano, semplicemente per farle compagnia, ma lei aveva cortesemente rifiutato.
C’erano solo lei e la commessa davanti allo specchio adesso.

“Un fisico come il suo può permettersi un abito del genere, signorina, mi creda!” aveva commentato la ragazza, gentilissima.
“Grazie…” sorrise lei timidamente di rimando.
“Desidera qualche tipo di accessorio? Vorrebbe vedere qualche abbinamento?”
“Sì, grazie, stavo cercando… dei sandali-gioiello, non voglio la decolleté bianca convenzionale… Avrebbe un numero 38?”
“Certamente, mi dia cinque minuti e sono da lei!”

La lascia sola davanti allo specchio e si avvia nel retro della boutique a passi veloci e diligenti.
Finalmente può contemplarsi da sola, in santa pace.
Accenna una lieve piroetta su se stessa e ride piano, compiaciuta dai lembi della gonna leggeri e svolazzanti.
Quando risolleva gli occhi, allarga il proprio sorriso.
Sulla comoda poltroncina dietro di lei, le sta sorridendo.
È seduto sul bordo, la mano sinistra impegnata a sostenere il mento mentre l’altra è appoggiata sul ginocchio.
La guarda come se fosse suo padre, è fiero di lei, di quanto è bella nel suo vestito.
Patricia arrossisce vistosamente senza però abbassare lo sguardo e sospira mentre lo fissa nel riflesso dello specchio.
E poi le viene da ridacchiare per la contentezza; si mette una mano davanti alla bocca e pensa “Dài, smettila!”.
Ma lui continua a guardarla, ammirato e divertito.
“Signorina, ho trovato dei modelli bellissimi!”
La voce della commessa la distrae e la costringe a ricomporsi.
“Grazie mille!” le dice mentre ormai non guarda già più nello specchio.
La ragazza la invita educatamente a sedersi su quella poltroncina e lei non fa una piega: si siede e lascia che l’altra le provi tutti i sandali che vuole.


I hear him before I go to sleep
And focus on the day that's been
I realize he's there when I turn the light off
And turn over



Robert è un uomo che lavora molto, lei lo ha visto all’opera e sa che è vero.
Adora la sua professione, tenta continuamente di non metterla al primo posto rispetto a Patricia, ma non sempre ci riesce.
Un’altra causa molto importante lo ha costretto a fare degli estenuanti straordinari che, lo sa bene, gli procureranno il mal di testa; ormai sono due anni che lavora quasi costantemente fino a tardi.
I soldi in più guadagnati con quegli straordinari hanno permesso a entrambi di organizzare il matrimonio dei loro sogni, ma stasera Patricia proprio non riesce a tenerlo a mente.
Ha cenato da sola, ha guardato un po’ di TV senza troppa voglia di farlo e si è messa in camicia da notte prima delle dieci.
Non riesce a dormire: è immobile a letto, in posizione fetale, le coperte tirate su fino al mento; ma è arrabbiata, inquieta, frustrata, ha voglia di prendere Robert a schiaffi, non le importa di aver ragione o torto, vuole farlo e basta.
Perché manca solo una settimana e non è lì con lei. Che rabbia.
Inspira ed espira rumorosamente per provare a scacciare via l’irritazione.
Delle braccia vigorose la stringono e la scaldano, protettive ma non invasive.
Lei sorride in un angolo della bocca e chiude gli occhi, sollevata; si rannicchia ancora di più su se stessa e sente il torpore aumentare…
“Sei qui…” mormora rilassata; un abbraccio dolce e discreto le conferma che lui è lì e che può rimanere finché lei lo desidera.

“Lo so che lo fa per noi, per il nostro futuro… Ma sono mesi che non passiamo più una serata decente insieme, lo sento… distante, come se… come se non volesse più fare questo passo con me…”
Si vergogna di ciò che gli sta rivelando, tanto che nemmeno lo guarda, rivolge gli occhi alla finestra socchiusa e non si cura di asciugare le lacrime che scendono silenziosamente sulle guance e le rompono la voce in gola.
Lui le accarezza la fronte, le gote, veglia su di lei con sguardo dolce, è tutto orecchi e non pensa minimamente di interromperla nel suo sfogo: è una ragazza così buona, ogni tanto può avere anche lei i suoi momenti di debolezza.
“E se ci avesse ripensato nel frattempo? Magari non ha il coraggio di dirmelo perché vede che ormai è tutto pronto…” dice d’un tratto, dopo un silenzio lungo infiniti minuti. È nel panico, si è messa a stropicciare le lenzuola con le dita.
Lui posa una mano sulla sua per calmarla , richiama la sua attenzione avvicinandosi al suo viso e la fissa.
Lei non sa che dire, rimane come paralizzata e trattiene il respiro.
Poi lui le sorride scuotendo lentamente la testa, e allora anche lei riprende fiato, ridendo debolmente.
“Sono solo… una fidanzata paranoica…” si giustifica invano con un sorriso mentre lui torna ad abbracciarla da dietro e a farla sentire al sicuro.
Freme leggermente quando sente i suoi capelli che si insinuano nell’incavo del suo collo, facendole il solletico.
Si addormenta piano piano, con quel piacevole brivido addosso, e cade in un sonno profondo e indisturbato.
Quando suona la sveglia, le sembra siano passati solo pochi minuti. E invece è già ora di alzarsi.
La spegne con un gesto sgraziato della mano e si stiracchia per poi ritrovare con il braccio destro Robert accanto a sé.
Si volta a guardarlo e lui è già sveglio, gli occhiali da vista inforcati ed un sorriso stanco ma bello sulle labbra.
“Buongiorno, fidanzata…”
“Buongiorno… Quando sei tornato?”
“All’una, ti ho trovata che dormivi, eri tutta raggomitolata su te stessa… Avevi freddo?”
Patricia sorride e risponde innocentemente: “No, affatto…”


But I feel him hesitate
Oh, I'm so worried about my love
They say "No, no, it won't last forever"
And here I am again my girl
Wondering what on earth I'm doing here




È la sera prima del grande evento. Il fermento è iniziato sul posto di lavoro alle otto, tutti i suoi colleghi l’hanno sotterrata di fiori, auguri e pronostici sulla serata, difatti si è accorta di aver lavorato a ritmo un po’ più lento del solito.
È eccitata, su di giri, si tampona i capelli appena lavati mentre cammina per la stanza, in cerca di qualcosa di carino da mettersi, ha solo i jeans e una canotta addosso, e passano a prenderla nel giro di un’ora. Deve far presto, vuole sbrigarsi, non vede l’ora di scoprire cos’hanno in serbo le amiche per il suo addio al nubilato.
Robert non c’è, anche lui è alle prese con il proprio addio al celibato, un suo collega l’ha sequestrato dopo il lavoro e lo ha portato in chissà quale strip club. Ma lei non è gelosa, si fida di lui.
Si siede trafelata sul letto, le gira la testa tanto è agitata, e continua ad asciugarsi alla meglio i capelli umidi mentre seleziona accuratamente con lo sguardo qualche camicia adagiata al suo fianco.
Fa per alzarsi e provarsi quella rossa, quando nota che lui è seduto alla finestra, una gamba lasciata penzoloni oltre il cornicione; sembra Peter Pan, le fa una tenerezza infinita.
Smette all’istante di fare qualsiasi cosa e lo scruta attentamente: sta guardando verso il cielo, confuso, inquieto. Gli si avvicina, sperando di poterlo consolare.
Ancor prima che possa toccarlo, si accorge di lei, si volta e accenna un sorriso triste.
Patricia capisce e sospira tremante.
“Guardami” gli dice con dolcezza.
Lui obbedisce.
Ha un bambino negli occhi. Lo stesso che a volte ha anche lei.
Si sorridono con aria nostalgica e la ragazza gli parla piano, senza mai smettere di tenere gli occhi incollati ai suoi…
“Non cambierà niente” lo rassicura “Tu sarai sempre tu. E io non vorrò mai rinunciare a te, non ti abbandonerò per nessuna ragione al mondo…”
Lui gli rivolge uno sguardo preoccupato, come per supplicarla di non ingannarlo.
Patricia continua, affettuosa e determinata: “Robert è l’uomo della mia vita. Ma io voglio bene anche a te. Ti voglio più bene di quanto si possa immaginare, hai capito? Ti voglio con me, ora e sempre! Non voglio liberarmi di te, stai tranquillo… Come ti viene in mente?”
Lui continua a guardarla, meno angosciato rispetto a prima, ma sempre triste. Le prende una mano e se la appoggia sul cuore, senza dire una parola.
Lei si commuove, gli occhi le si bagnano ancor prima che riesca a trattenersi.
Sorride un’altra volta, stavolta per la gioia.
“Lo so, sì…”
Poi tace e ascolta i suoi battiti, che sono tutti per lei.
Anche lei prova la stessa cosa, ma come può dirglielo? Ha troppa paura.
E questa cosa che le sta succedendo, a volte pensa davvero di impazzire, che in realtà sia tutto uno scherzo del suo cervello instabile. Non sa più cosa pensare.
Era solo una ragazzina quando tutto è iniziato, non pensava che sarebbe diventata una cosa seria…
Ma non pensava neanche di incontrare l’uomo che l’indomani l’avrebbe sposata…
La vita è imprevedibile e imperscrutabile, adesso sa cosa vuol dire.

Il telefono suona bruscamente nella camera. Patricia sussulta nel silenzio spezzato.
Esita per un istante, poi va a rispondere; è la sua collega, dice che ritarderà, ma solo di un quarto d’ora, poi sarà sotto casa sua. Le risponde che va bene, non c’è nessun problema, poi la saluta e riattacca.
Il tempo di voltarsi nuovamente verso la finestra e lui non c’è più; una brezza improvvisa e fredda la fa rabbrividire e la costringe a chiudere le imposte, preoccupata.
Non voleva lasciarlo così, non quella sera.
Finisce di vestirsi e mentre prova a ritornare a pensieri più allegri, non può fare a meno di sperare che lui ritorni quanto prima.


Maybe he doesn't love me
I just took a trip on my love for him




Patricia pensa che la vita è davvero imprevedibile, un’altra volta, ma in quel momento ne è più consapevole che mai.
La vita fa quel che vuole e non guarda in faccia a nessuno; in un certo senso, è giusta ed equa proprio per questo.
Lei sente che ha più o meno tutto sotto controllo, che ancora non è impazzita.
Ma basterebbe un niente per farla crollare, se ne rende conto e la cosa la spaventa.
Vegeta a casa di sua madre da un paio di giorni, è confusa e si sente sola nonostante tutte le premure di quella donna straordinaria che le è sempre stata accanto, anche quando era lontana.
Ha mangiato poco anche oggi, a pranzo, e sono le tre del pomeriggio; sotto il borgo di legno, sulla sedia a dondolo si sta bene… Si gode il panorama campagnolo davanti al podere di famiglia: i campi di grano nel pieno della loro doratura che ondeggiano sotto il vento calmo e fresco che però non arriva fino a lei, al riparo sotto casa.

Robert non l’ha presa bene.
Voleva un figlio, lo desiderava sul serio. E invece… niente.
Non è stata colpa di nessuno, l’aborto è avvenuto spontaneamente, quasi senza alcun dolore fisico.
Doveva essere il loro piccino.
Patricia piange al ricordo di quel “fagiolino”, come lo avevano affettuosamente chiamato.
Singhiozza nel ripensare a Robert, alla sua frustrazione, alla confusione che aveva in testa, e alla sua scelta che lei ha dovuto assecondare per forza.
“Stiamo lontani per una settimana, prendiamoci del tempo, io non ce la faccio così…” le ha detto.
Così lei ha fatto i bagagli e se n’è andata in Texas, dove sua madre l’ha subito accolta e viziata come se avesse cinque anni.

Il dottore le ha comunicato con aria dispiaciuta che non potrà più avere figli; succede in pochi casi, ma succede.
Patricia si asciuga le lacrime e tira su con il naso, scossa; vorrebbe solo dimenticare tutto e andare avanti, ma le prime quarantotto ore le sono sembrati anni senza Robert, senza il loro amore, senza il loro bambino. Non sa davvero come riuscirà a sopportare il resto della vita in quel modo, se le cose non dovessero migliorare tra loro due e nella sua testa.
Con gli occhi arrossati per il pianto viaggia attraverso la vastità dei campi di grano, tenta di svuotare la mente e di sentire un filo di vento sul viso…
Un lieve pizzicorio su una mano le arriva improvviso, abbassa gli occhi per vedere che cos’è e vede una paffuta coccinella, allegra e brillante nei suoi colori su di lei, pallida e smunta.
Accenna un sorriso, intenerita, e si avvicina la mano al viso per guardarla meglio…
Si dice che le coccinelle portino fortuna a coloro sui quali si posano…
Lei non sa quanto possa essere vero, ma mentre fa passare da un dito all’altro il piccolo insetto per non farlo cadere, il suo pensiero è un altro.
“Ti porto sotto l’albero, piccolina, qui non è posto per te…” annuncia prima di alzarsi e andare a prendere un bicchiere dalla credenza in cucina.

Ha camminato con il vento tra i capelli per pochi metri, la coccinella trasportata nel bicchiere e sopra la sua mano a fare da tappo.
Davanti a casa sua c’è una grossa e vecchia quercia che è lì da prima che i suoi genitori nascessero, è il luogo di tutta una vita per lei: ha giocato intorno e sopra a quell’albero, si è seduta alle sue radici per pensare, studiare o mangiare, da sola o in compagnia, ci ha passato davvero tanti momenti, e ora vuole che la coccinella ci si rifugi, sicuramente le piacerà…
Una volta assicuratasi che la bestiolina è saldamente adagiata sulla corteccia, Patricia recupera un po’ il sorriso e si mette a gambe incrociate sotto la quercia, la schiena appoggiata al ruvido tronco.
Paradossalmente, tutt’a un tratto si sente completa: è immersa nel verde di casa sua, al riparo da qualsiasi bruttura del mondo, il vento fresco le ha schiarito le idee e adesso sente che, in qualche modo, tutto si risolverà.
La fronte aggrottata si spiana e si rilassa all’ombra dell’albero, lei sospira sollevata, quasi come se si fosse tolta un peso dal cuore, e disegna dei cerchi immaginari nell’erba con le mani…


He's very understanding
And he's so aware of all my situations




Si sente bloccare la destra con fermezza, ma gentilmente; si volta di scatto, interdetta, e si ritrova con il respiro bloccato.
Per un attimo si guardano, immobili.
Dopodiché Patricia si lascia andare a un ampio sorriso e, senza dire niente, si accascia nel suo abbraccio, quasi si sente svenire dalla felicità.

Quasi per un anno non si sono visti.
Le è mancato davvero tanto averlo accanto come l’amico più fidato.
Non era la prima volta che capitava, era già successo quando si era messa con Robert… Allora non lo aveva più visto per due anni, finché non era andata a vivere con lui, infatti quasi pensava di aver immaginato tutto e di aver bisogno di uno psichiatra…
Ora è lì con lei un’altra volta, a sostenerla e confortarla più di quanto non abbia mai fatto fino a quel momento.
Sa tutto, Patricia non ha dovuto spiegargli niente.
Stanno insieme senza dirsi una parola: lui le accarezza i capelli, lei si rannicchia sull’erba, con la testa sulle sue gambe; il vento le fischia piano nelle orecchie.
Dopo un po’, la mano di lui scende sulla sua spalla e la stringe delicatamente… Quella pressione le basta per renderla improvvisamente angosciata.
“… Davvero lo faresti?” domanda atterrita mentre si solleva a sedere per guardarlo negli occhi.
L’altro annuisce in silenzio, con aria seria, quasi solenne. Patricia si mette una mano davanti alla bocca per trattenere un singhiozzo.

All’inizio lui era solo… un’idea, una figura indefinita e affascinante da guardare.
Poi era diventato un mito, una stella, tutti ormai lo amavano.
Anche lei lo amava, a modo suo, come poteva amare una ragazzina sognatrice.
Sognatrice e triste, perché avrebbe voluto dirgli tante cose, ma non poteva…
Ma si era sbagliata, perché dopo poco tempo era avvenuto il loro primo incontro, di notte, nella sua stanza: le aveva scompigliato affettuosamente i capelli mentre era nel dormiveglia.
Era diventato il suo guardiano, il suo punto fermo, il suo amico più leale; lui l’aveva vista crescere e diventare una donna, una fidanzata, una moglie, e ora anche una madre mancata in preda al dolore.
E lei, in tutti quegli anni, non aveva mai smesso di parlargli, di confidarsi con lui, di rifugiarsi nel suo sguardo comprensivo quando qualcosa andava storto.

Lui le ha fatto una proposta, l’ha messa davanti ad una scelta.
Qualunque sarebbe stato l’esito, avrebbero continuato a volersi quel bene speciale che li univa ormai da tempo.

Patricia esita, scuote la testa, tenta di non andare nel panico e balbetta insicura: “Ma… ma allora questo significa… che non potrò più vederti così come sei adesso…”
Le viene risposto di no, come si aspettava, e ci rimane male nonostante tutto…
“Mio Dio, non so che fare…” sospira, sull’orlo delle lacrime, abbassando gli occhi.
La verità è che ha già deciso, ma non ha il coraggio di dirglielo: ha paura di perderlo, di non poter più condividere la propria esistenza con lui.
Si abbraccia il busto da sola, stringe forte gli occhi per non far vedere che ha voglia di piangere…
“Non so se ce la faccio…” confessa con la voce spezzata, fissando l’erba.
Lui le solleva dolcemente la testa, circondandogliela con entrambe le mani, e la guarda. Sorridente e sereno.
È pronto. E aspetta solo un suo cenno per accontentarla.
Patricia inspira profondamente, lo fissa seria e gli dice: “Grazie. Grazie di tutto…”
E infine, riesce a farlo.
Gli prende una mano e se la porta al petto.
Lui sente il suo cuore battere all’impazzata e ride, quasi sorpreso.
Lei lo segue a ruota in quello scoppio di felicità.
Dopodiché tutto diventa bianco e ovattato…


Ooh, he's here again
The man with the child in his eyes




“Vieni, siediti qui…”
Patricia invita suo figlio sulla panchina, accanto a lei, e il piccolino ci si arrampica, anche se con qualche piccola difficoltà.
“Guarda lì… Vedi?” gli chiede lei, puntando in avanti l’indice.
Il bimbo annuisce e domanda a sua volta: “Questa è una tomba, mamma?”
“Sì, amore, è una tomba, esattamente…”
“E nelle tombe ci stanno le persone?”
“Ci stanno i corpi delle persone che vanno in Cielo, sì…”
“Ma non possono andare in Cielo se le chiudono qui!”
“E invece sì, e sai perché?”
L’ometto scuote la testa e Patricia gli spiega: “Tutti noi abbiamo un corpo, siamo fatti di pelle, di muscoli, abbiamo gli occhi, la bocca, le gambe, le braccia… Ma dentro di noi c’è anche una cosa invisibile e molto importante che si chiama Anima…”
“E che cos’è l’anima?”
“L’Anima è quella cosina dentro di noi che non possiamo mai vedere, ma che non muore mai e vola in Cielo, e lì resta per sempre…”
“Per sempre sempre sempre?”
“Sempre sempre sempre!”
“Ma è una cosa bella o una cosa brutta?”
“Se ti comporti bene, è una cosa bella, certo!”
“Allora se io bisticcio con Kevin a scuola ma poi gli chiedo scusa… la mia anima è buona?”
“Ma certo, amore mio, la tua anima è buonissima!”
“Meno male…”
Patricia abbraccia suo figlio con slancio, gli bacia una guanciotta e ridacchia piano mentre gli dice: “Non aver paura, te lo dice la tua mamma che sei un bimbo bravissimo!”
Lui ride giocoso a sua volta, poi torna a chiedere guardando verso la tomba: “E là dentro chi c’è?”
La ragazza attenua il proprio sorriso, si alza e dice: “Vieni, avviciniamoci, ti faccio vedere…”

“Che lettera è questa?”
“Una E…”
“E quella accanto?”
“Erre…”
“E poi, quella? Guarda, questa è semplice…”
“I!”
“E l’ultima?”
“Una… D?”
“No, guarda meglio…”
“Una C!”
“Bravissimo… E sotto? Che lettere ci sono?”
“Una… C… una A… Una erre…”
“E poi?”
“E un’altra erre… Doppia erre…”
“Bravo, tesoro… Questi sono il nome e il cognome della persona che è qui dentro…”
“Eric… Carr…”
“Sì, giusto…”
“Un signore che conoscevi tu, mamma?”
Patricia si schiarisce la voce, leggermente commossa, poi accarezza la testa la bambino e risponde: “Io non l’ho mai conosciuto quand’era vivo, ma… è stato il mio angelo custode, diciamo…”
“Come quello che ho io sopra il mio letto?”
“Sì, quello è il disegno del tuo angioletto, certo… Ma non tutti gli angeli sono biondi e con gli occhi azzurri, sai? E non tutti portano le ali…”
“No? Eric non era così?” si incuriosisce il piccolo, che con il ditino ripassa le lettere in rilievo sulla tomba.
La mamma risponde con un sorriso: “No, amore, gli angeli sono fatti come noi molte volte… Eric era senza le ali, per esempio…”
“Ed era buono?”
“… Sì… Sì, era davvero molto buono con me, sì…”. Patricia si schiarisce la voce per tentare di scacciare via il nodo che le si è formato in gola.
“E ora dov’è?”
La donna gli bacia la testolina e afferma serena: “Adesso… lui è… è ovunque tu voglia vederlo, amore mio. Se chiudi gli occhi e ti concentri, puoi vederlo anche tu!”
Il piccino si volta verso di lei, felice, ed esclama: “Può essere anche il mio angelo custode allora!”
“Certo!”
“E se diventa il mio angelo custode, io posso dire una preghierina? Mi ascolta, mamma?”
“Amore, tu puoi dirgli tutto quello che vuoi…” gli spiega lei, commossa “Gli puoi dire com’è andata la tua giornata, gli puoi dire quanto sei felice o triste, gli puoi confidare tutti i tuoi segreti… Lui ti ascolta sempre…”
“Allora posso dirgli una preghierina adesso, mamma?”
“Va bene, ok, io mi rimetto a sedere…”

Mentre guarda suo figlio di cinque anni pregare diligentemente con le manine giunte e gli occhi chiusi, Patricia lascia scendere due lacrime lungo le guance e se le asciuga con calma, usando le dita, senza smettere di sorridere.
Eric è nell’aria che respira, è nel vento che le passa scherzoso tra i capelli, è nel sole primaverile che la riscalda, è nella pioggia che batte ritmicamente sui vetri delle finestre di casa sua e di Robert…
Eric è anche lì, davanti a lei, in quel metro e poco più di innocenza e curiosità.
Non lo vede più come prima, ma sa che c’è.
È la donna più felice del mondo.

Il bimbo si fa il segno della croce per poi voltarsi e annunciare a bassa voce: “Mamma, ho finito…”
“Va bene, allora andiamo…” ribatte lei, prendendolo per mano.

Lungo la strada che porta all’uscita del cimitero, le chiede più curioso che mai: “Ma Eric Carr che lavoro faceva? Lo sai?”
“Indovina un po’…” replica lei sorridendogli “Suonava la batteria!”
“Come me!” esclama contento il piccolo.
Patricia ride e ribatte: “Se gli chiedi di farti diventare bravo come lui, sono sicura che ti accontenterà, piano piano…!”

Una volta saliti in macchina, Patricia lo chiama: “Paul?”
“Mh?”
“Gelato e poi si va al corso di batteria?”
“Sììì…” risponde lui con il solito sorriso furbetto.
La madre mette in moto, regola lo specchietto retrovisore e parte; lo guarda mentre scruta fuori dal finestrino, rapito da tutto ciò che lo circonda, anche dalle cose più banali.
D’un tratto Paul, da piccolo incosciente quale è, si sgancia la cintura di sicurezza e si aggrappa dietro al sedile di guida, rifilando alla mamma un grosso bacio sulla guancia.
“Ritorna al tuo posto, furbacchione!” lo riprende lei senza però aggredirlo “Come mai questo bacione?”
Lui si riaggancia la cintura e le rivela orgoglioso: “Perché ti voglio bene, oggi mi hai dato il tuo angelo custode!”
Patricia sorride sorpresa, sta per aggiungere qualcosa, ma si interrompe.
Nello specchietto retrovisore giurerebbe di aver visto qualcosa accanto a suo figlio.
Qualcosa o qualcuno di familiare.
Tace, con il cuore che le batte a mille, e continua a guidare.






 
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Ibba
CAT_IMG Posted on 10/5/2011, 19:29




Oimmena, fino alla fine mi hai confuso come non mai! Le ho pensate tutte, dal banalissimo "vai, ha un'amante!", ad un "è pazza" alla conclusione "ahhhhh!"
La costruzione di tutta la storia mi è piaciuta molto. Semplice, ma al tempo stesso elaborata. Mi spiego: finché non arrivi alla fine, non capisci - o è parso solo a me? O.o - quando poi trovi il tassello mancante che ti collega ogni cosa, ne trovi subito la semplicità del racconto :)
Mi è piaciuto molto come l'hai fatto parlare a gesti, senza fargli mai emettere una parola, gli ha dato quel tocco di "amico immaginario" che per un attimo spiazza, ma che poi viene apprezzato per - ancora una volta - la semplicità, appunto, dei gesti, lo stare vicino alla sua anima da proteggere...
Probabilmente ci sono vari punti di vista sotto i quali si può leggere questo tuo racconto, chissà che poi non ci spieghi il tuo, ma questo che ho compreso io mi sembra quello molto buono. Niente storie d'amore - Patricia e Robert a parte - solo la vicinanza di qualcuno che possa sempre capirti e darti una mano nel momento del bisogno. La vicinanza dell'angelo custode, insomma :)
La soluzione finale poi è stata davvero bella - e un po' triste, sebbene le ultime righe risollevino il morale - con quel "sacrificarsi" per lei. E mi sembra giusto, quindi, che il bambino ne prenda le sembianze, se così si può dire!

Per quanto riguarda la forma, nessun errore! Quindi è inutile che mi soffermi a dire sempre le stesse cose - immagino che anche tu non ne possa più di starle a sentire, no? :D

Ok, ammetto che c'era anche altro che volevo dirti riguardo alla storia, ma proprio non mi viene in mente. Vorrà dire che se salterà fuori prossimamente, te lo scrivo ;)

Ancora complimenti, Ciry! Se devo essere sincera, soggettivamente questa storia mi è piaciuta più dell'altra... Non so se c'è un vero motivo, però è così ._.
(Che conclusione del cavolo! X°D)
 
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Ciribiricoccola
CAT_IMG Posted on 10/5/2011, 22:00




"Se devo essere sincera, soggettivamente questa storia mi è piaciuta più dell'altra... Non so se c'è un vero motivo, però è così ._."

Parli di "Battiti"? :) Sono due storie molto diverse che hanno anche un impatto diverso, quindi è comprensibilissimo da parte tua avere apprezzato più l'una che l'altra, tranquilla :) per "Battiti" avresti dovuto essere informata sulla relazione tra Eric e Carrie, su come lei si comportava con lui mentre era malato, non è una storia proprio per tutti, io stessa al momento della stesura non ne sapevo granché, mi sono informata più tardi!

Questa storia qui è molto più "positiva", sono voluta andare oltrela sua morte, per quanto sia difficile non pensarci; ho voluto immaginarlo così, neutrale in tutto e per tutto, come il perfetto angelo custode, pur conoscendo la sua voce, le sue caratteristiche fisiche, eccetera eccetera... e per descriverlo così come lo leggete voi qui mi sono basata su varie testimonianze di gente, persone comuni che lo hanno incontrato e che lo hanno definito seriamente un angelo! Tanto per dirvene una, volle rispondere all'appello di una coppia di genitori di una bimba malata di leucemia che chiedeva di incontrarlo prima di morire; andò a trovarla appena poté, ma al suo arrivo la bimba era già morta, e lui questo non se l'è mai perdonato, anche se non era stata colpa sua...
Lui era questa serie di gesti qui :) e per me è un mito, musicalmente parlando, e un modello di persona, poi basta; per me non avrà mai e poi mai un pene XD né un sex appeal XD lo vedrò sempre come il nanetto italoamericano, capelluto, buono e casinoso dei KISS :)

E mò basta che sennò piango :D! Graaaaazie per la bella recensione, Ibba, aspetterò che ti venga in mente ciò che ti sei scordata XD

 
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Pozz
CAT_IMG Posted on 24/5/2011, 14:22




Ed eccomi, come promesso!
Concordo con Ibba su tutto.
Ti da un senso di confusione all'inizio, non capisci bene cosa sta succedendo, ma piano piano inizi a farti un'idea, e alla fine trovi una soluzione, semplice ma allo stesso tempo molto molto profonda.
La parte finale è terribilmente commovente, forse grazie all'estrema ingenuità del bambino, ma forse anche alla sua forte spiritualità.
Mi ha ricordato molto una scenetta di Calvin e Hobbes (si scrive così?) quando lui vede il figlio allontanarsi con la tigrotta.
E' una storia molto candida.
Ho trovato poi molto bello il modo di scrivere, è impostato abbastanza serio sin dall'inizio, ma comunque ha descrizioni e frasi molto suggestive.
Complimenti Ciry! :)
 
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3 replies since 6/5/2011, 22:39   113 views
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